Il primo elemento che cattura l’attenzione del lettore, in questa
silloge di Emma Di Stefano, è un evidente dualismo che si tradu-
ce in modalità espressive differenti, talvolta opposte, e che im-
prime all’andamento del discorso poetico il movimento sinuoso
tipico dei percorsi a velocità alternata.
Ad una modalità, infatti, propriamente lirica, che scioglie in im-
magini assai suggestive stati d’animo e condizioni esistenziali,
fa da contrappunto una più prosastica, razionale, enunciativa: per
così dire, teorica: “la passione e l’attenzione/condizioni neces-
sarie/per la perfetta coincidenza…” o, ancora:“… è fatto così,
l’Uomo, consegna al fato/le sorti del suo Essere…”, oppure:
“Inciampare nei pensieri/osservandoli da insolite prospettive./
Dalla somma d’appuntiti angoli acuti/emergerà infine l’interez-
za del cerchio.”
Dal momento che “Attenzione alle macchie” si propone (e di
fatto è) come un testo coerente e coeso e non una semplice suc-
cessione antologica di versi, ed è quindi l’insieme che va consi-
derato, riduttivo e sbagliato sarebbe parlare di maggiore o mi-
nore liricità, di testi più o meno efficaci o riusciti. Nel contesto
del discorso poetico, e in qualche misura narrativo, i momenti di
riflessione vanno infatti considerati come pause in cui il ritmo
volutamente rallenta, così come accade nell’incedere stesso della
vita quando questa si arresta a riprendere o a trattenere il fiato,
quando ripiega su sé stessa, involve, si fa pensiero, coscienza e
necessaria zavorra dell’andare.
Se di racconto si tratta – sia pure di un racconto che procede per
quadri e didascalie – quali ne sono l’oggetto e la trama?
Quanto all’oggetto, l’impressione, rispetto alla precedente produ-
zione dell’Autrice, è che l’aspetto introspettivo si sia accentuato,
quasi che l’io lirico abbia acquisito una maggiore coscienza di
sé e della propria urgenza di raccontarsi in maniera più diretta e
autobiografica, senza tuttavia rinunciare ad una forma di pudore
che la trattiene (provvidenzialmente) sempre un po’ sul margi-
ne esterno di una confessione:“Oggi ti ringrazio perché esperto
contadino/ponesti fruttuose sementi…”, “Quando hai poggiato
il viso sul mio cuore/un nuovo corpo immortale ha preso vita…”.
Tuttavia, il parlare di sé non assume mai il carattere asfittico
dell’assoluta autoreferenzialità, poiché l’indole stessa dell’Au-
trice, il suo essere intimamente donna e, quindi, naturalmente
protesa verso l’esterno, la conduce al colloquio con l’altro da sé,
che siano gli affetti, come quelli cui sono dedicati i versi riportati
sopra, le vittime della follia umana (v. Condensa da rimuovere –
Shoah), i poeti:“Era nata di marzo, e di quella stagione/portava
scrosci improvvisi e brillanti schiarite…” scrive a proposito di
Alda Merini. Altro da sé, compagni di viaggio amati e insepara-
bili sono, ancora, i paesaggi mediterranei di mare e di nuvole, di
ombre stampate sui muri, di temporali e di spicchi di luna.
Comprendere infine la trama, la storia che questo dire di sé, que-
sto rappresentarsi nello spazio e nel tempo e attraverso i rapporti
con gli altri racconta, non è cosa difficile. “Attenzione alle mac-
chie” è soprattutto una storia di liberazione e di accettazione del
reale, di quel reale che ci affascina e ci sfugge, complesso e irri-
ducibile alle formule, esattamente come la poesia.
È assai singolare, quasi dadaisticamente irriverente, il modo in
cui l’Autrice si fa beffe dell’irrisolvibile dialettica tra questa sfug-
gevolezza delle cose ed il bisogno della mente di comprenderle e
della parola poetica, e dell’arte in generale, di rappresentarle. Si
veda, a tal proposito, la bellissima lirica “In controllato andare o
in libero crescendo”, in cui la matita, contesa tra precisione e sfu-
matura, finisce con il fungere da “… fermaglio, di lunghi capelli
morbido chignon.”
È in queste soluzioni stilistiche apparentemente semplici eppure
ardite, quanto mai moderne, in questa poetica degli oggetti che,
per concludere, va ricercata a mio avviso la cifra stilistica più
sorprendente e originale dell’intera raccolta.
Adele Costanzo