La poesia di Emma Di Stefano è percezione di un cambiamento, sospetto dell’infinito che si confronta con un’armonia che si compone e si dona attraverso il suo esprimersi.
La natura è così integrata completamente, compresa anche nei suoi imprevisti, pienamente accettata. Le stranezze, le mancanze, le attese sono gli elementi che anticipano il paradosso del compimento, che ai nostri occhi finiti appare come tale, e a Di Stefano nuovo contenitore di mistero e di poesia.
Il verso è libero, asincrono, ma sempre rallentato da uno scarto ogniqualvolta il ritmo di certa accentazione conduce a un’accelerazione, a un compimento “frettoloso”. Ecco dunque darsi un finale di verso sdrucciolo o un verso più breve, sospeso. I finali sono spesso il risultato di un equilibrio, di un’equidistanza di ritmo, che a volte è fedele a figure metriche precise, come in
Passione dolce e profonda si svela
in un verso d’amore, sfugge a labbra socchiuse
e magiche dita affonda nel cuore.
dove il chiasmo a metà verso viene affinato da una versificazione più lenta, che avrebbe ugualmente potuto risolversi in un distico, come peraltro accade altrove.
Le figure retoriche possono così mostrare un accesso laterale alla verità, come le anafore in Dell’istante il risveglio, quel Raccontami che non si accontenta di guardare ma vuole affondare in uno svelamento attraverso il dire. Così ha poca importanza se la corsa verso l’essenza, la sua descrizione, si completi attraverso un movimento di opposizione, di inversione il più delle volte espressa attraverso il complemento di specificazione che precede il suo referente, come nel titolo della raccolta, movimento che senz’altro produce una concentrazione di attenzione su singoli elementi ritenuti imprescindibili.
E imprescindibili sono il mare, la notte, l’amore, fisico e spirituale, semplicemente gli elementi essenziali a tracciare quel perimetro del cuore la cui presenza, il cui sentirsi è l’effetto di una semplicità, di una scrittura innocente perché ricca di fiducia nelle possibilità dell’uomo e della poesia, il loro possibile avvicinarsi all’infinito, infine il loro poterlo essere, il loro svelarsi, come quella buccia di arancia venuta a comporre un’elica che sia al contempo abbraccio all’anima e movimento verso di essa, movimento e andamento contemporanei, sete di vedere.
È proprio l’atto del vedere a essere centrale in Dell’infinito il paradosso a mostrasi come gesto consapevole della propria finitezza, impressionistico ma al contempo desideroso di non lasciare nulla fuori dalla tela, come se la poesia stessa possa essere infine la certezza di un contenimento, seppure momentaneo. Consapevole e ferma, la scrittura di Di Stefano è catarsi e cura, collezione di immagini e scoperta che anche nel dolore esiste una dimensione intima dove poter esprimere la propria vitalità, quello slancio che è il frutto di una volontà e di un mistero che attendono di essere approfonditi.
È poesia di quotidianità, certamente, dove gli oggetti in La biglia, La bilancia, La mappa, Fogli sparsi, esprimono una ritualità e persino un’ironia che sono sempre l’accesso a un oltre, dove sempre si gioca a nascondino e il cambiamento fra uno stadio iniziale e uno finale è ben in evidenza attraverso una polarizzazione di opposti, di situazioni, come in Il naturale corso delle cose dove sono parole come sgorghino, scavalchino, osare e accogliere a rappresentare questa possibilità. L’ordito del compimento conduce anche oltre, a rivelare una domanda che sia l’inizio di una nuova armonia: Quale il disegno oltre la conoscenza del limite/ e l’audace tenacia del volo?
Uno svelamento di orizzonti è dunque la poesia di Emma Di Stefano, caduta di colori nel quadro presente delle cose a illuminare angoli, a presupporre altre strade, Il viaggio continua tra una lacrima/ e un sorriso, seguirò l’arcobaleno.
È infine la consapevolezza che il verso possa prodursi in senso grazie a una fiducia intrinseca della poeta nella parola e nelle sue possibilità, come se ogni lemma possa essere dato di creazione, come se sempre si ponga l’io a prepararsi, a farsi carico di certe responsabilità, a prendere con sé le proprie scelte. Così la poesia diventa occasione di riflessione su se stessa, come in Dolce è il tormento, Forse, Gli spazi bianchi del sottinteso e Magica eco, dove ancora una volta le possibilità del Logos si mescolano o forse sono intrinsecamente correlate con la Natura, la Bellezza, la Gratitudine, e ancora l’Attesa, il Silenzio, la Quiete dell’Attimo. La riuscita non è certezza ma possibilità, la Natura non offre garanzie ma insegnamenti.
Una seconda, breve parte, nella raccolta, come a voler oltrepassare i nostri confini, ci fa viaggiare fino a Lisbona e in Sicilia, prima di introdurci nell’ultima, ancor più breve sezione, di sole cinque poesie, introdotte dai versi L’immenso della bellezza che dagli animi liberi da catene/ potrebbe scaturire domani dove si insinua un velo di tristezza rassegnata che irrompe dalle storture del nostro mondo, dalle ingiustizie che sembrano spegnere lo slancio di Di Stefano e della poesia, che però non smette di interrogarsi e di interrogarci, Vorrei capire dove l’inizio/ e se davvero in questa umana Storia/ si possano tracciare nuove rette/ a volte parallele, altre volutamente intersecanti/ senza alcun danno vicendevole arrecarsi.
Alessio Barettini
DELL’INFINITO IL PARADOSSO di
Emma Di Stefano –
ISBN 978-88-98303-82-3
Chipiùnéart edizioni