– Veniiite, salutate S. RRRosalia! –
– Mi scusi, non sapevo si trattasse di una festa privata…! –
Nello stesso momento in cui ebbi pronunciato questa frase mi resi conto di quanto potesse apparire fuori luogo il mio linguaggio in una situazione del genere.
Dopo una splendida e rilassante giornata sulla spiaggia di Mondello, avevamo raggiunto Palermo con l’intento e, permettetemi di dirlo, l’orgoglio di far conoscere alla mia amica i luoghi più suggestivi della città. Dopo aver parcheggiato l’auto, raggiungemmo a piedi la maestosa Cattedrale di Palermo, capolavoro d’architettura normanna. Negli ultimi anni la città aveva riacquistato il suo splendore. L’illuminazione artistica rivestiva la facciata di una luce dorata, magica. La strada era assolutamente deserta, a quell’ora i palermitani si catapultano al Foro Italico per una passeggiata e alla ricerca di un po’ di sollievo dalla calura estiva o vanno a Mondello a mangiare pane e panelle, gelo di melone o quant’altro offra la coloratissima gastronomia e pasticceria siciliana.
A un tratto sentimmo un vocio alle nostre spalle e nel voltarci scorgemmo un vicolo, in fondo la statua della Santuzza, la santa bambina, S. Rosalia. Il giorno dopo a Palermo era il Festino e pensammo la statua fosse esposta in qualche chiesa. Il lastricato del vicolo era ricoperto da un tappeto rosso, poi da uno verde e lungo i muri una fila di alberelli, simili a quelli che si utilizzano nell’addobbo floreale degli matrimoni. In alto alcune luminarie e appesi ai muri dei condizionatori, in stridente contrasto con la coreografia che richiamava comunque alla mente festeggiamenti religiosi dalle antiche radici.
– Signora, ci mancherebbe…S’accomadasse, benvenuta a casa nostra! – Un uomo a torso nudo e jeans mi fece ossequioso segno di farmi avanti.
Per niente intimidita dall’ambiente sicuramente insolito ci facemmo spazio tra quelle persone, alcune sedute su sedie poggiate in fila ai muri, e chiassosi ragazzini che ci saltellavano intorno.
– Picciutteddiiiii! A volete finire? Amunì! Avemu visite! – L’uomo di prima parlò a voce alta e dal silenzio che seguì potemmo facilmente dedurre che era lui la persona più autorevole lì.
Donne sedute, vecchi e alcuni uomini ci guardavano con curiosità. Dalle porte aperte dei bassi apparivano tavole imbandite con tutti i cibi tipici: caponata di melanzane e peperoni all’agrodolce contenuti in enormi zuppiere. Alcune persone si spostavano da un locale all’altro uscendo con piatti ricolmi di quei cibi, il profumo era invogliante e l’uomo di prima con gentilezza si rivolse a me: – Volete assaggiare? Tutta robba nostra. Assaggiate?-
Con gentilezza declinai l’invito dopo averlo rassicurato sulla mia conoscenza di quelle pietanze, rivelandogli con un sorriso, le mie origini palermitane.
– Venite, salutate S. Rosalia! – continuò.
Davanti alla statua un tripudio di fiori, ceri accesi e una cassetta per le offerte. Francesca prese un cero e lo pose a fianco agli altri, mentre le persone a noi vicine osservavano compiaciute.
Mi voltai e vidi un ragazzino, che rideva mostrandomi una bocca sdentata e ridendo anch’io mi ricordai…”Sgangulato senza renti e ù surci ti veni parenti…”
Era l filastrocca che mia mamma mi recitava quando perdevo un dente.
Mentre facevamo qualche foto l’uomo che ritenevo fosse il personaggio più autorevole del vicolo, assentì compiaciuto.
– Grazie per averci fatto vedere S. Rosalia!
L’uomo mi guardò: – Grazie a Vossignoria, comunque nuavutri semu supra a feisbuc!
– Che bello ! – Risposi sorridendo.
– Anch’io!-
Racconto inedito di Emma Di Stefano